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Adolf Vallazza

Adolf Vallazza

Opere/Werke/Works

Cartonato con sovraccoperta plastificata a colori, inserito in prestigioso cofanetto di fattura manuale, formato cm 21,5x28, pagine 248 interamente illustrate in b/n e a colori

ISBN 978-88-8068-402-2
Edizione trilingue italiano-tedesco-inglese
Disponibile in libreria

 

Recensioni



In occasione dell’ottantacinquesimo compleanno – che coincide con ben settant’anni di attività – questa monografia presenta il percorso dell’opera e della vita del grande artista gardenese Adolf Vallazza.

 

“La monografia completa dell’artista che ha trasformato legni plurisecolari in moderne opere d’arte”

 

SOMMARIO

A Vallazza
Tonino Guerra

Adolf Vallazza
Danilo Eccher

Conversazione con Adolf Vallazza
Elena Lydia Scipioni

Se Adolf Vallazza…
Fred Licht

Adolf Vallazza. L’anima del legno
Gabriella Belli

Omaggio ad Adolf Vallazza
Peter Weiermair

Adolf Vallazza. Scultore del legno alla ricerca delle origini
Erich Steingräber

Adolf Vallazza. Sculture
Fred Licht

L’arte di Adolf Vallazza
Paolo Viti

Biografia per immagini

opere

Album di famiglia

biografia, mostre e libri

 

Se Adolf Vallazza…

Fred Licht

Se Adolf Vallazza fosse nato scrittore invece di scultore, sarebbe stato un grande biografo. Anche da scultore fa il biografo: registra nelle sue sculture ogni cambiamento, ogni segno di crescita o di degenerazione del legno, ogni variazione nella vita del materiale di cui è sensibilissimo conoscitore.
Ma prima di entrare nel merito di tale tematica, prima di parlare dell’artista, bisogna parlare della sua opera (l’artista ahimè è elemento effimero. La sua arte resta). E nel caso di Vallazza, prima di una discussione critica dell’opera s’impone uno sguardo al suo materiale prediletto.
Il legno si distingue dagli altri materiali scultorei per tanti versi, fra i quali ne spiccano tre in particolare. La pietra o il bronzo sono di per sé neutri. Non hanno una nascita, una vita e una morte prima di venire plasmati dalle mani di un artista. Il legno – ogni pur modesto frammento di pino o quercia – trasmette le tracce di un lungo percorso vitale.
Il marmo o il bronzo richiedono una lavorazione comunitaria. Senza gli scalpellini a disposizione di un Bernini non avremmo avuto l’Apollo e Dafne. Senza i maestri di fonderia, i mirabili bronzi del Giambologna sarebbero impensabili. Il lavoro dello scultore in legno è un lavoro solitario, introverso, ma non per questo meno comunicativo. Pietra e bronzo oppongono difficoltà tecniche alla volontà dell’artista. Il legno impone allo scultore di capire e di rispettare il carattere, le esperienze e le sofferenze del legno da lui prescelto.
Da questa esigenza nasce una terza caratteristica della scultura lignea: il blocco di marmo e il bronzo fuso sono identici a ogni altro marmo o bronzo purché siano della stessa qualità. Ogni tavola di legno, come ogni fiocco di neve, ha la sua inconfondibile individualità. La sua capacità di simpatizzare, di analizzare e di dialogare con il legno – e bisogna enfatizzare che per Vallazza non si tratta mai «del legno», ma sempre di uno specifico esemplare – lo rende uno dei grandi maestri della scultura lignea, allineandolo alla grande tradizione dei Riemenschneider, dei Pacher e dei Multscher. Benché tutta la sua vita si sia svolta in Val Gardena, la sua opera si stacca nettamente dall’oggettistica decorativa industrializzata per la quale la regione è nota in tutto il mondo.
In un altro contesto parlavo dell’«autenticità» di Vallazza, e me ne vergogno; «autenticità» è una parola da strapazzo dell’odierna critica, che può significare tutto o niente. Ciò che intendevo per «autenticità» è la forza persuasiva, l’onestà con la quale Vallazza ci rende partecipi della sua visione, della sua percezione intuitiva dei suggerimenti che il legno emana. È «autentica» un’altra sfaccettatura della scultura Vallazziana: l’originalità con cui supera un ostacolo storico che ogni moderno scultore deve affrontare.
Per capire la situazione bisogna risalire ai tempi di Canova, cioè ai tempi che iniziarono l’epoca delle rivoluzioni in cui tuttora viviamo. Prima della fine del XVIII secolo, la scultura – e non importa se si vuol parlare della Venere di Willendorf, dei ritratti faraonici, del Partenone, della scultura medievale, di Donatello, di Michelangelo o di Bernini – aveva lo scopo di tramandare i valori del presente alle generazioni future. In gergo politico, la scultura era sempre reazionaria. Con Canova, la scultura comincia ad adeguarsi a una situazione rivoluzionaria che non ammette valori duraturi da eternizzare in forma scultorea. Allo stesso tempo, artisti e pubblico si accorgono che una scultura che non incorpora tali valori degenera in puro oggetto. Da Canova ad oggi, la scultura si sviluppa in due strade maestre: l’una cerca di sostituire la destrezza artigianale, la pura tecnica alla tradizionale carica di valori religiosi, morali o metafisici che investiva la scultura pre-moderna. Questa soluzione (esemplificata dal cosiddetto bronze d’art francese) corre il rischio di esaltare la virtuosità manuale come fine a se stessa.
L’altro filone (illustrato da Canova, Rude, Rodin, Medardo Rosso, Brancusi, Calder ecc.) si dedica alla sperimentazione coraggiosa col rischio di fallire che ogni esperimento comporta (basta ricordarsi del dottor Ehrlich che elaborava 605 esperimenti andati a vuoto, prima del suo grande successo, noto appunto come il farmaco 606 per debellare la sifilide). Senza togliere il minimo di rispetto e ammirazione a giganti della scultura moderna come Rodin, bisogna pur ammettere che non tutti i suoi esperimenti trovarono soluzioni valide.
Vallazza si inserisce a pieno diritto in questo secondo filone della scultura moderna. Evita accuratamente la faciloneria di una mera contraffazione della realtà visiva, ma evita con altrettanta attenzione un astrattismo di pura estetica. La sua fede nella tradizionale funzione della scultura occidentale come manifestazione di una dimensione che va oltre la sensazione visiva o palpabile, rimane intatta. Ma attenzione: le sue sculture non sono sermoni facilmente decifrabili. Praticando tramite il suo intuito artistico una risurrezione del legno morto, Vallazza induce in noi meditazioni sulla vita e la morte, su una vasta gamma di paure e speranze. Vallazza suggerisce l’esistenza di un’esistenza oltre il quotidiano, tramite tematiche che si potrebbero catalogare (ma molto rozzamente) come «l’incontro amoroso», «continuità del principio vitale», «risoluzione armonica fra forze opposte». Le sue sculture sono indicatori stradali dello spirito – indicano le varie vie aperte al nostro intelletto, alla nostra intuizione, alla nostra eterna voglia di andare oltre i limiti dei nostri cinque sensi.

 
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