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Aria d'Alpe

Aria d'Alpe

Adolf Vallazza

Brossura editoriale, formato cm 21x24, pagine 72

ISBN 978-88-8068-091-8
Versione italo-franco-tedesca
Disponibile in libreria

 


Testi di Giorgio Balducci, Guido Novaria, fotografie di Francesco Gioana
 
Dal testo in catalogo di Giorgio Balducci

[…] Vallazza nei confronti dei temi trattati agisce, come sempre fa, da artista e non da artigiano della scultura del legno (attività peculiare dell’economia gardenese di ieri e di oggi); il suo muoversi negli spazi umani e ambientali dolomitici non è e non vuol essere realistico, pur cogliendo straordinariamente di quell’ambiente l’essenza. Nell’osservare e fermare su antichi legni il mondo delle vette, delle piante, degli animali e degli uomini con i gesti e i lavori della vita dei prati di montagna, le fatiche, le quotidianità e anche gli svaghi del ballo o dell’osteria, Vallazza rielabora creativamente il suo vissuto ladino-tirolese, soffiando su ciascuno dei suoi protagonisti di antico cirmolo il fresco alito della vita. Nei suoi personaggi – contadine e contadini – con i tipici e tradizionali abiti e cappelli tirolesi o i caratteristici grembiuli blu, rivive tutta l’essenza, seppur sintetizzata e stilizzata, del mondo rurale delle valli dolomitiche sullo sfondo delle quali troneggia, tranne in rari casi, la verticalità dei Monti dal caratteristico pallore rosato. Le Dolomiti, gridi di pietra di geometrie verticali, tavolozza cromatica di pallori di rocce e di Enrosadire, malìa ispiratrice di leggende forti e intramontabili, elementi incancellabili nella vita di tutti quelli che al loro cospetto vivono o vagabondano; ossessione per molti che, dall’Ottocento a oggi, ne vogliono salire le pareti.
Adolf Vallazza, come molte sue sculture e parole affermano (pensiamo a certi menhir di legni rugosi, scavati dall’acqua, dalla neve e dal ghiaccio, che agli occhi incantati dell’alpinista appaiono come rappresentazioni delle Torri del Sella o dei pungenti aghi di roccia delle Odle), non poteva sottrarsi al fascino ispiratore di queste montagne (Sella, Sasso Lungo, Cinque Dita, e via dicendo) così diverse da quelle Occidentali, prive sì dei grandi e aspri ambienti glaciali e delle somme altitudini, ma forse più potenti nel loro slancio verso l’alto, creatrici di una ricchezza culturale e linguistica unica, quella ladina, con tutti i suoi contorni e le sue profonde pieghe. […]

 
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