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Coste del Mondo nella Cartografia Europea 1500-1900

Coste del Mondo nella Cartografia Europea 1500-1900

Cartonato con sovraccoperta a colori plastificata, formato cm 35x32, pp 180, con oltre 240 illustrazioni a colori e in b/n
ISBN 978-88-8068-778-8
Disponibile in libreria

 

Recensioni

  • La lettura
    Coste del Mondo nella Cartografia Europea 1500-1900
  • La Repubblica

    LE CARTE DEL MARE NOSTRUM
    L'ANTICA GEOGRAFIA DEL MEDITERRANEO
    Paolo Mauri

    Mai come in questi nostri anni il lavoro del cartografo si è fatto precario. La guerra ha mutato il volto politico dei Balcani, l'Europa, costruita prima più in piccolo, si sta allargando. Con buona pace di LeGoff, la Turchia diventerà probabilmente europea e dunque, se non certamente dal punto di vista fisico, le carte politiche dovranno essere ridisegnate o almeno ricolorate. Vale anche per il passato: le carte, nel tempo, sono lo specchio più o meno fedele, più o meno fantasioso, non solo dei rovesci di potere e del formarsi di nuovi stati ma anche dei commerci e dei costumi. Non è necessario rifarsi alla stranissima carta di Cosma Indicopleustes che racchiuse l'universo in una specie di bauletto, ponendo il Regno dei cieli in alto e sotto la Terra circondata dall'Oceano. Una carta può anche essere largamente congetturale, obbedendo ad una idea del mondo più che ad una reale esplorazione del medesimo.Va ora in libreria un cospicuo, illustratissimo album pubblicato da Priuli & Verlucca e scritto da Paola Presciuttini dedicato alle Coste del Mediterraneo nella cartografia europea 1500-1900. È un volume che ne segue altri, nella stessa collana, che hanno avuto negli anni scorsi molta fortuna, a cominciare da quello di Roberto Borri sull'Italia nell'antica cartografia.
    George Braun e Franz Hogenberg, autori del cinquecentesco Teatrum urbium, avevano dichiarato che era opportuno abbellire e completare le carte con figure umane. La loro considerazione era sottile: siccome i turchi erano allora una minaccia e le carte erano uno strumento per conoscere i territori altrui, e dunque eventualmente per invaderli, la presenza di figure era (o poteva essere, aggiungiamo noi, diffidenti) un deterrente per gli islamici iconoclasti. Insomma gli infedeli avrebbero avuto difficoltà a toccare (ed usare) una carta "impura". Particolare che ci dice molto sulle distanze culturali e sulla difficoltà di superarle, giacché l'invenzione della tolleranza è affare tutto sommato recente e con applicazioni non universali e soprattutto non reciproche. In una poesia del giovane Carlo Porta si scherzava sulla permalosità dei turchi che avevano messo in prigione un tale (lui usa la dizione molto pregnante messo "a tecc", cioé sottotetto) per aver fatto cadere gli occhiali al loro prete. Tornando all'iconoclastia, non è argomento da prendere sottogamba: se l'avessero applicata i cattolici la nostra sontuosa e meravigliosa pittura sarebbe stata costretta a prendere altre strade e forse a tacere del tutto.
    Nella Carta particolare del Mar Mediterraneo fatta da François Ollive a Marsiglia nel 1662 e riccamente decorata con divinità marine, si vede, in basso a destra, raffigurato un Gesù seduto, a testimoniare la città di Gerusalemme: luogo santo dunque, ma di una sola religione.
    Trattandosi di carte che rappresentano le coste del Mediterraneo, si parla molto e ovviamente di strumenti di navigazione. Così, viaggiando, ciascuno arricchiva le carte altrui con annotazioni proprie e naturalmente molte sono le vedute di città costiere e molte sono le descrizioni delle isole. Anzi gli isolari, ci avverte l'autrice, costituiscono un genere cartografico a se stante. Fu un fiorentino, Cristoforo Buondelmonti, a dare il via, nel 1420, con un Liber insularum Archipelagi dove figuravano settantasette isole dell'arcipelago greco disegnate e colorate su pergamena. Nel 1527 l'aretino Tommaso Porcacchi pubblicò a Venezia L'isole più famose del mondo che ebbe diverse integrazioni ed edizioni.
    Se i portolani italiani avevano alle spalle la grande scuola olandese, anch'essi influenzarono i cartografi di altri paesi: per esempio Ahmett Muhiddin Piri, più noto come Piri Re'is. Nato a Gallipoli sui dardanelli verso il 1470, nipote del condottiero Kemal Re'is, era diventato un importante funzionario di Solimano il Magnifico, ma ad un certo punto era caduto in disgrazia ed era stato giustiziato nel 1554. Racconta l'autrice del nostro libro che a Re'is si deve una carta del mondo di cui è rimasto solo un frammento custodito oggi al Topkapi di Istanbul e un Libro del mare di cui invece sopravvivono una trentina di esemplari (uno è a Bologna).
    La conoscenza delle coste e in genere dei territori era cconsiderata dai diversi Stati un patrimonio da custodire gelosamente. Il Portogallo e tre anni dopo la Spagna avevano fondato la Casa de Contractatión per accentrare la conoscenza nautica e custodire in gran segreto le nuove conoscenze acquisite navigando. Per tre secoli ci furono traffici di spie, copie clandestine vendute al miglior offerente o donate a qualche potente per averne riconoscenza. Nel 1502 Alberto Cantino, che rappresentava a Lisbona la Casa d'Este, donò al duca di Ferrara un planisfero con tutte le nuove scoperte geografiche, probabilmente una copia di quello custodito nel tesoro reale trafugata in modo clandestino.
    Soltanto nel 1823, quando ormai la supremazia spagnola era caduta ed era subentrata quella britannica, l'Ammiragliato inglese decise di liberalizzare la vendita al pubblico delle carte e presto tutti gli altri Stati si adeguarono: era davvero cominciata una nuova era. Oggi la segretezza delle carte è riservata agli impianti militari, ma anche in quel caso, con le spie satellitari, c'è ben poco da tenere nascosto: per la "disinformazione" capziosa restano sempre le risorse della bugia sostenuta, fin che si può, con convinzione, come si è visto nel caso del conflitto iracheno.
    Alla fine il vagabondaggio tra le carte geografiche di secoli così diversi, vale un viaggio virtuale o mentale persino avventuroso. Le città disegnate appaiono talvolta agglomerati infantili, come Costantinopoli in una antica veduta, quasi rattrappita in brevi confini, mentre, al confronto Porto San Maurizio, in Liguria, sembra una metropoli. E ciascuno potrà divertirsi a scrutare da vicino i luoghi che conosce per coglier lo spessore delle somiglianze e delle differenze, dei simboli o dei tratti ripresi dal vero. La geografia in fondo è un'arte e come opere d'arte molte carte chiedono di essere guardate.


  • Tuttolibri (La Stampa)

    IL MARE È UN ACQUARELLO
    Maurizio Assalto

    Per il bambino, innamorato di mappe e di stampe, / L’universo è pari alla sua vasta brama./ Ah! Come è grande il mondo al chiarore della lampada!» Vengono in mente i versi di Baudelaire (dai Fiori del male, «Il viaggio»), a sfogliare il sontuoso volume di Paola Presciuttini sulla cartografia nautica mediterranea tra Cinque e Novecento, edito da Priuli & Verlucca. E davvero ci si sente un po’ bambini, pronti a salpare verso mondi favolosi e sconosciuti, davanti a questi disegni gremiti di minuscoli dettagli, ridondanti di stemmi galee delfini putti alati mostri marini: baluginii di un mondo in cui i viaggi si misuravano ancora in giorni e in settimane, e sulle carte poteva accadere di trovare ampi spazi bianchi con la scritta «terra incognita». All’inizio ci sono i «peripli» mediterranei dei greci e dei fenici, sorta di portolani ante litteram giunti però fino a noi privi di elementi figurati (con una importante eccezione, che l’autrice non cita: il papiro ellenistico di Artemidoro, riemerso in anni recenti e ora acquisito dal Museo Egizio di Torino, in cui il testo è accompagnato da una mappa della penisola iberica che si considera il più antico documento cartografico esistente). In realtà non è pensabile che quegli intraprendenti popoli marinari non abbiano prodotto carte nautiche. Più probabile che gli schizzi delle coste, disegnati a vista dai nocchieri, a scopi non teorici ma essenzialmente pratici e dunque di rado confluiti nei libri di geografia, siano andati perduti, logorati dall’uso. In ogni caso – escludendo testimonianze precedenti il cui contenuto cartografico è solo incidentale come in un affresco del 1500 a.C. scoperto a Santorini – la più antica mappa nautica consociata risale al basso Medioevo. Si tratta della cosiddetta Carta Pisana, databile alla fine del XIII secolo, che rappresenta le coste e le isole del Mediterraneo. E proprio Pisa (dove la preziosa pergamena fu rinvenuta nell’800) è considerata la capitale dell’idrografia medievale, in concorrenza con la Catalogna del polimate Raimondo Lullo e con la fiorente Genova che tra il XII e il XIV secolo raggiunge l’acme del suo espansionismo mercantile, fornendo truppe e ammiragli alle maggiori potenze europee. Pietro Vesconte, genovese attivo a Venezia a cui si deve la più antica carta nautica datata (1311), Andrea Bianco, Grazioso Benincansa sono i protagonisti di quegli anni, con mappe finemente acquarellate, policrome rose dei venti, abbondanza di allegorie e vedute di paesaggio.
    I confini del mondo conosciuto si spostano al seguito dei naviganti, le canoniche Colonne d’Ercole, che per secoli erano state fissate a Gibilterra, in una carta nautica veneziana del 1430 sono collocate accanto all’«Ysola Gades» (Cadice, vicino a Madera). Nel ‘500 e nel ‘600, fra l’età manieristica e la barocca, le mappe diventano complesse costruzioni scenografiche in cui la carta geografica è soltanto uno degli elementi. Intorno – come nelle tavole del Theatre of the Empire of Great Britain di John Speed (1611) – una profusione di blasoni nobiliari (probabilmente inseriti a pagamento), vedute prospettiche di città, figure umane, «finestre» ipertestuali con notazioni sulla storia e i costumi, un po’ come nelle odierne pagine «linkate» di Internet: tutto quel che serve per immergersi in un viaggio virtuale.
    Il barocco celebra i suoi trionfi cartografici alla fine del ‘600: nell’Isolario dell’Atlante Veneto Vincenzo Maria Coronelli inserisce una veduta dello stretto di Negroponte (come i veneziani chiamavano l’isola di Eubea, di fronte all’Attica) entro una elaborata cornice di fiori frutti e maschere greche, con un putto che solleva un sipario su cui è riprodotta la mappa della zona. Ma le carte nautiche non sono soltanto oggetti belli. Strumenti decisivi per la conoscenza di un territorio, dei suoi attracchi e degli eventuali punti deboli, diventano preda ambita di guerra, sono protette dal segreto di Stato, trafugate, ricopiate di nascosto. E di nascosto vengono prodotte, per volere di Luigi XIV, da cartografi imboscati su navi spia camuffate da mercantili; 130 mappe generali e dettagliate per garantire al Re Sole il controllo del Mediterraneo.
    Alla supremazia cartografica francese succede quella britannica, con la fondazione dell’Hydrographic Department nel 1785: Francis Beaufort, William H. Smyth, Thomas Graves mettono al servizio dell’impero coloniale, e del turismo d’élite in rapido sviluppo, la loro competenza tecnica non meno che l’abilità squisitamente artistica, producendo vedute oggi ricercatissime dai collezionisti di stampe. Anche il neonato Stato unitario italiano, nel 1873, si dota di un Regio Ufficio Idrografico, che procede al rilievo sistematico delle acque territoriali e già alla fine del secolo produce un proprio libro per i naviganti, in sostituzione di quelli inglesi e francesi. Oggi l’avvento dei sistemi di radio-posizionamento e del Gps ha reso inutile la rappresentazione grafica delle coste. Le vedute compaiono ancora sui portolani (50 mila copie stampate ogni anno in Italia, a cui vanno aggiunte le 100 mila copie di oltre 300 carte nautiche), ma si tratta di sofisticate fotografie digitali. Niente più mappe e stampe dai colori eccitanti: per il bambino baudelairiano c’è poco da fantasticare. Tutto il globo è sotto lo sguardo di insonni satelliti, i tempi dell’avventura sono diventati un ricordo. E agli «occhi del ricordo», così continuava la poesia, «come è piccolo il mondo!».


  • BELL’EUROPA

    IL MARE DISEGNATO:CINQUE SECOLI DI CARTE D’AUTORE
    Silvia Dell’Orso

    Sulle carte nautiche non si leggono soltanto evoluzione e progresso delle conoscenze dell’uomo in ambito geografico, ma anche le sue fantasie, le paure, le leggende dominanti nel corso dei secoli. L’autrice di questo volume lo sa bene. Forte di un primo tomo dedicato alle Coste del mondo nella cartografia europea, ne propone un secondo nel quale esplora il bacino del Mediterraneo, luogo d’incontro e di scambio fra culture diverse. Lo strumento utilizzato è appunto quello della cartografia antica, proponendo una selezione di immagini insolite e curiose che se da un lato costituiscono di per sé tangibili testimonianze della sapienza degli autori nell’arte dell’incisione e della stampa, dall’altra documentano efficacemente i cambiamenti dei profili costieri.


  • Panorama Travel

    TERRA IN VISTA

    Planisferi di sagoma ovale, mappamondi a forma di mandorla, carte sovrastate dalla figura del Cristo che allarga le braccia e contiene il mondo intero, mari e fiumi dai percorsi labirintici, codici del Trecento attendibili per quanto riguarda la morfologia dell’Europa ma alquanto fantasiosi sul resto del pianeta.Con curiosità e competenza scientifica, l’autrice, responsabile della biblioteca dell’istituto idrografico della Marina a Genova, ci mostra l’evoluzione di cinque secoli di cartografia: dall’epoca delle grandi scoperte, dei temerari esploratori e degli instancabili navigatori si giorni nostri. Le tavole a colori, le mappe, le pagine degli atlanti sono belle a vedersi, oltre che istruttive.


  • Gazzetta del Sud

    LA MIRABILE ARTE DEL CARTOGRAFO Documenti nautici dall’indiscutibile valore artisticoDomenico Nunnari

    La meravigliosa avventura di andar per mare, ha un fascino duraturo fin dagli inizi dell’arte della navigazione, ma di quali strumenti disponessero i popoli antichi per orientarsi nelle prime esplorazioni del globo terrestre, resta un enigma difficilmente risolvibile per gli storici e gli studiosi. Delle imprese stupefacenti e rischiose, realizzate dai primi viaggiatori per le vie del mare, a noi sono pervenute solo descrizioni di spedizioni travagliate e pericolose, una specie di racconto che gli storici definiscono peripli e che in un certo senso possono essere considerati portolani ante litteram. Un lavoro di scrittura, con relazioni a volte dettagliate di quei viaggi, ma mai ci sono state tramandate carte marine illustrate. Eppure, a pensare ai primi navigatori della storia della navigazione, vengono subito in mente i Fenici, i Greci e i Romani e altri popoli che in qualche modo hanno legato la loro storia alla nascita e allo sviluppo della civiltà occidentale e al fiorire della cultura europea, casa che ci fa sembrare impossibile che nessuno, in quell’epoca, abbia concepito l’idea di disegnare fogli nautici. Piuttosto appare valida l’ipotesi, molto accreditata, che i primitivi nocchieri disegnassero schizzi a vista nel corso della navigazione; poco più che abbozzi andati perduti, o non conservati, proprio perché ritenuti di scarso interesse, pezzetti di carta la cui attendibilità era tutta da verificare. Tuttora, resta questione dibattuta se sia verosimile che quei popoli conquistatori non abbiano prodotto cartografia nautica. A ogni modo nei loro viaggi, almeno i Romani, si facevano accompagnare da mensores che avevano il compito di stabilire quali fossero le distanze e di descrivere il territorio.Tutti i reperti, dell’età arcaica e classica, che ci danno il senso di una documentazione cartografica, ma in realtà non lo sono, li troviamo nelle incisioni rupestri, nei frammenti di monumenti votivi, nel vasellame decorato e nei papiri dipinti dagli egizi. A volte, in questi oggetti, si scoprono raffigurazioni che riproducono planimetrie e mappe che avvalorano e documentano l’immaginario geografico dei popoli antichi, ma per parlare di carta nautica vera e propria bisognerà attendere il XIII secolo, con la scoperta della Carta Pisana, così detta perché in origine fu rinvenuta a Pisa e secoli più tardi è confluita nella collezione della Biblioteca Nazionale di Parigi. La data più antica di catalogazione di questa carta nautica che tratteggia le coste e le isole del bacino del Mediterraneo è il 1275, ma non è detto che no sia stata disegnata in epoca molto anteriore. Come che sia, da quella data in poi, le carte nautiche ebbero larghissima notorietà e il Mediterraneo è il luogo geografico più rappresentato in migliaia di esemplari da considerarsi, oltre che strumenti all’epoca utili per la navigazione, delle stupende e autentiche opere artistiche.Una raccolta di queste carte e vedute illustrate, tra le più belle esistenti negli Archivi e nelle Biblioteche in Italia e all’estero e che costituisce una «galleria» eloquente dei luoghi del Mediterraneo, viene presentata nel volume «Coste del Mediterraneo nella cartografia europea. 1500-1900», di Paola Presciuttini (Priuli & Verlucca, editori); una vera e propria rassegna (si tratta di oltre 300 illustrazioni) di documenti nautici di indiscutibile valore artistico. Nel libro sono inserite immagini di provenienza diversa dalla carta nautica, quali si ritrovano ad esempio nei portolani e in resoconti di viaggi, tutti documenti che mettono in luce il ruolo strategico e politico del Mediterraneo e che confermano il fascino eterno delle coste mediterranee.
    Si tratta di immagini disegnate da una lunga stirpe di cartografi operanti in tutta Europa e una consistente parte di queste è dedicata al Meridione d’Italia, tradizionalmente trascurato dai grandi cartografi. Particolare attenzione, nel volume preziosamente curato dall’autrice Paola Presciuttini, è rivolta alle collezioni dell’Istituto Idrografico della Marina, che in passato ha realizzato splendide rappresentazioni delle coste nazionali e africane della Libia al Corno d’Africa e ha pubblicato una notevole serie di portolani illustrati dell’intero bacino del Mediterraneo.


Estratti



Oltre duecento vedute di costa di tutto il mondo, dal 1500 fino al 1900, ad illustrare l’evoluzione di un prodotto cartografico che dai primi esemplari più rudimentali in poi, acquista caratteristiche grafiche ed artistiche sempre più elevate.

Il volume offre un’accattivante panoramica di un prodotto cartografico spesso ingiustamente trascurato negli anni passati dagli estimatori delle antiche carte geografiche. Si tratta della cartografia e delle vedute di costa che, fino ad anni recenti, comparivano sulle carte nautiche per aiutare il navigante a stimare il punto-nave riconoscendo la costa a vista. La carta nautica è stata un documento segreto gelosamente custodito e quindi conteso per secoli dalle potenze marinare: l’Ammiragliato britannico – di lì a poco imitato dagli altri enti cartografici di Stato europei – solo nel 1823 ne liberalizzò la vendita al navigante privato. Tale riservatezza si giustifica con la valenza politica ed economica della carta nautica che costituiva anche uno strumento di penetrazione territoriale e commerciale. Questo ne spiega in parte la limitatissima diffusione. Dei secoli XIII-XV, infatti, ne sono sopravvissute solo 180, ma anche la produzione successiva è andata in gran parte dispersa per un insieme di motivi: la nave non offriva un ambiente idoneo alla conservazione, la carta era considerata uno strumento di lavoro e non un documento da preservare, la produzione era affidata a un ristretto numero di cartografi al servizio dello Stato prima di diventare – nel 1700 – prerogativa e patrimonio esclusivo degli organi cartografici governativi, che oggi ne sono i custodi istituzionali.
La rassegna qui presentata, di oltre duecento profili di coste del mondo dal 1500 all’avvento della fotografia, illustra quindi l’evoluzione di un prodotto cartografico che, dai primi esemplari più rudimentali, acquista caratteristiche grafiche e artistiche spesso alla pari con l’arte del vedutismo vero e proprio. Contemporaneamente richiama l’attenzione su carte sciolte, atlanti nautici e resoconti di navigazioni, che stanno acquistando e sempre più acquisteranno, presso i collezionisti e gli amatori, lo stesso interesse sinora riservato alla cartografia terrestre.

 
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