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Recensioni

  • LA REPUBBLICA
    Dove vai pastore?

  • LA REPUBBLICA 2
    Dove vai pastore?

  • Tellusfolio.it
    Tappa Lombarda per il muovo tour di Marzia Verona
  • Corriere Valsesiano
    "Dove vai , pastore?"
  • Italic
    Pastori fuori dal gregge
    Pastori sì nasce o si diventa, ma lo si è sempre con passione. Il piemontese Fulvio Benedetto ha appreso i segreti del pascolo vagante dal nonno, mentre l’abruzzese Nunzio Marcelli è diventato pastore dopo essersi laureato in economia con una tesi sul recupero delle aree marginali per mezzo dell’allevamento ovino. Oggi però, vincoli legislativi, difficoltà economiche e politiche del territorio che lasciano sempre meno spazi alla campagna mettono a dura prova la pastorizia. “Ma è uno dei più antichi mestieri del mondo e troverà comunque il modo di resistere grazie alla forza d’animo degli uomini che lo praticano”, dice a Italic Marzia Verona, esperta in pastorizia nomade e curatrice del blog pascolovagante.splinder.com, tratteggia il futuro di chi pratica la transumanza. Verona, autrice del libro Dove vai pastore? (Priuli & Verlucca, 2006), ha un incarico all’Università di Torino nel progetto Propast (Sostenibilità dell’allevamento pastorale). “Servirebbe un maggiore ritorno economico perché spesso il pastore riesce giusto a sopravvivere. Bisognerebbe valorizzare la carne, specialmente quella prodotta senza l’uso di mangimi, creare consorzi, un marchio di tutela. Ma forse è proprio la natura del pascolo vagante che rende impossibile organizzare i pastori”. Per fare la transumanza bisogna adattarsi a vivere nelle campagne con caldo, pioggia, freddo e neve, spesso anche in solitudine, accontentarsi d’avere come solo punto d’appoggio una roulotte e marciare una decina di chilometri per tappa. Questa la vita di Fulvio Benedetto che a fine ottobre è partito da Fenestrelle, in val Chisone, con 1.000 pecore di razza bergamasca, 100 capre, 200 agnelli e 17 asini per arrivare in primavera a Valleandona in provincia di Asti. Più di 100 chilometri in compagnia delle sue bestie. L’organizzazione del viaggio inizia diversi mesi prima comunicando all’AsL quali comuni si attraverseranno, indicando se si tratta di transito o di sosta e se si pascola su terreni privati o demaniali. “Per fortuna oggi esiste l’email che sveltisce le pratiche” commenta il pastore. Ma lungo il percorso capita di incontrare ordinanze di Comuni che vietano il transito ai greggi: “ È il risultato di comportamenti sbagliati di pochi soggetti che praticano il pascolo di ‘rapina’ senza chiedere il permesso o che causano danni alle coltivazioni e non cercano il proprietario per risarcirlo”, spiega Verona. “Quindi, se non ci sono lamentele da pane dei cittadini si passa, ma quando intervengono le forze dell’ordine si cerca un compromesso o si cambia strada verso altri pascoli”. Il rischio è quello di commettere il reato di pascolo abusivo previsto dall’articolo 36 del codice penale:” È molto facile incorrervi”, sostiene Verona. “Non esiste quasi un pastore che non abbia qualche precedente”. Più delle leggi sono però temuti gli attacchi al gregge da pane di lupi e orsi. Spesso neppure i cani bastano a difendere le pecore. Ogni regione ha stabilito un tariffario di indennizzo per gli animali sgozzati, ma i pastori non sono soddisfatti: “Si tratta di un compenso che equivale al valore della pecora ma non tiene conto che l’animale produce agnelli ed è quindi un potenziale per il gregge”, racconta a ltalic Nunzio Marcelli, che fa pascolare le sue 1.200 pecore di razza sopravvissuta sulle cime dell’Appennino. “Abbiamo chiesto di avere in cambio altri capi di bestiame, ma non ci è stato accordato”. Però non tutti i pastori sono d’accordo con la proposta di essere risarciti con un’altra pecora, questo perché ognuno alleva una razza differente selezionando determinate qualità e pertanto il risarcimento sarebbe difficile da ottenete nel rispetto delle singole esigenze. Ancora, i controlli sanitari dell’ASL pesano sulle tasche dei pastori che dal 2010 devono applicare a ogni animale anche un microchip di riconoscimento per avviare una banca dati genetica che sveltisca la rintracciabilità dell’animale in caso di malattia. Per contro non è semplice stimare il numero dei pastori che praticano la transumanza in Italia: “Credo che ormai la pastorizia nomade sia più sviluppata al nord, con decine di greggi tra Piemonte e Friuli”, dice Marzia Verona. “Parlando con alcuni pastori è emerso che al sud si sta perdendo anche perché sono scomparsi i tratturi, gli storici sentieri battuti dagli armenti”. Comunque ancora oggi un gregge che attraversa strade statali e paesi affascina adulti e bambini, tanto che in alcune località si organizzano giornate di transumanza. “Con il patrocinio della provincia dell’Aquila si programmano due appuntamenti estivi di traversata delle montagne”, racconta Nunzio Marcelli. “ È un modo per far riscoprire antiche tradizioni”.

  • Torino Sette
    Gli ultimi pastori vaganti del Piemonte
    La transumanza sulle Alpi è datata intorno al 1700, e da allora è cambiata poco, compresi i pastori vaganti, ancora presenti anche in Piemonte. I bergè, guidano greggi fino a qualche migliaio dipecore,mentreimarghèallevano solo bovini e sono stabili negli alpeggi e in pianura d'inverno. Questo vuol dire che non ci sono solo pastori nomadi nelle steppe o nel sahel,maanchevicino acasa. Ancora oggi sono almeno 50 mila tra ovini e caprini, che pascolano vaganti in tutto il Piemonte.Ealtrettanti quelli stabili negli ovili. Quindi se per caso inmontagna o in provincia, s'incappainqualchegreggechebloccamomentaneamente il traffico, si abbia pazienza, pensandocheilpastorestafacendounlavoro difficile,consempre meno spazi a disposizione, sopportato sovente,quando non guardato con sospetto, da chiunque porti una divisa. Un mondo quello dei vaganti, uguale a se stesso da secoli, che solo da poco usa comodità come fuoristrada, telefonini, recinzioni elettriche, ma come untempodeve subire le stagioni, e i sospetti dei contadini, e in più le pastoie burocratiche che sono tante e non sempre comprensibili. Su questo mondo sommerso una giovane studiosa di Cumiana, Marzia Verona - laurea in agraria, grande passione per montagne, bestie e campagne- haspesodueanni per raccontare inunlibro chi sono, cosa fanno, dove vanno gli ultimi pastori vaganti, prendendo sole, vento, pioggia e neve, nelle province di Torino e Cuneo, spingendosi d'inverno fin nell' Astigiano e nell'Alessandrino, dove i trup, sopravvivono pasturando nei greti dei fiumi, nei gerbidi, nelle meliere,(stoppie di mais), nei prati affittati per qualche giorno. I bergè ormai la conoscono tutti, la chiamano “la librologa”, perchè ha scritto un libro, mentre la Silvia, studentessa che sta facendo una tesi sui lupi è “la lupologa”. Una ventina le interviste sul campo, con racconti di ogni genere..."imparavamo tutti i dialetti dei posti dove andavamo, così da parlare con la gente. Però avevamo anche un nostro gergo che capivamo solo noi pastori...adesempioladonna era la tubèra, l'uomo il tubèr... Molte cose sono cambiate a causa del lupo. Io non sono di quelli favorevoli. Il lupo è un grosso danno per i pastori. In valle Stura ad esempio, erano in tanti ad avere ancora delle greggi non tanto grosse. Le mandavano su in montagna e andavano a vederle una volta la settimana, e intanto facevanoi fienio i lavori dicampagna. Adesso invece devi mettere i recinti, stare sempre dietro alle bestie...magari solo una o due sono uccise del lupo, ma le altre si spaventano, cadono nei burroni, e poi te le pagano poco, quando te le pagano. Non è giusto. Io farei un bel pulman di lupi e gli darei il largo la dove cisono quellicheparlanoeparlano..." Emblematiche le storie dei pastori di Roaschia, piccolo comune della valle Gesso, (Cn), patria della specie di pecora Roaschina, e dove c'è anche un piccolo Museo della Pastorizia. "Raramente - raccontaunodei vecchi - quelli diRoaschiavenivanoalmondoinpaese, ma sul cartun, perchè le famiglie d'inverno eranosempre in giro col gregge, si mungeva, si faceva il formaggio e si vendeva la ricotta girando in bici per i paesi gridando seirass, seirass...In primavera per tornare agli alpeggi si usava ancheil treno. I pastori siradunavano a Tortona, Alessandria, Asti, c'era un prezzo di favore, siaggiungevanodei carri, caricavamo le bestie, poi si facevano delle tappe per chi doveva andare in val Maira,Grana, Stura, Gesso... Ma poi si usava il carro, tirato da un mulo, coperto da un telone, con su imaterassi, le provviste , i secchi e le pentole..."MarziaVeronadefinisce i pastori vaganti di oggi anche"simpatiche canaglie... "Perchè c'è chi magari infrange la legge - dicono - e i colpevoli devono pagare, ma non bisogna generalizzare. e bisogna conoscere a fondo questo mondo prima di giudicare. ..ci sono regole assurde come per esempio fa il pastore a far vidimare i documenti dai comuni 15 giorni prima dello spostamento, prima che avvenga? La partenza dalla montagna non ha una scadenza fissa, dipende dal tempo, dal foraggio...". Curiosa la storia dei tosatori, poichè ci sono squadre composte da un neozelandese e francesi che girano tutta l’Italia.Un costo quasi in perdita, visto che la lana in pratica vale zero. Storie di personaggi epici, stoici e testardi, grandi camminatori, ultimi cavalieri erranti -magari non senza macchia - uomini liberi anche se schiavi delle loro bestie 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno, quasi tutti pastori di padre in figlio, perchè nonèunmestiereches'impara per sentito dire; sanno l'ambiente, erbe e piante, quel che rimane dei tratturi tradizionali, magari mangiati da strade, industrie, ferrovie, conoscono le loro bestie a una a una, anche se sono centinaia, e dicono spesso che vogliono smettere, ma non smettono mai, così comedicevanoi loro padri.
  • La Stampa
    Viaggio di due anni assieme ai pastori
    Due anni al seguito dei pastori transumanti in Piemonte. E’ questo il filo sul quale corre il «quaderno di cultura alpina» curato da Marzia Verona. Due anni costellati di incontri, dialoghi serrati, scoperte, testimonianze. Li ha ordinati e raccolti in un volume che è cronaca giornalistica, che è storia e racconto. Protagonisti sono il popolo dei pastori che, con greggi i mandrie vivono le alpi, sui versanti italiano e francese. Si legge di lupi e formaggi, di fatiche e incontri straordinari. Come un meraviglioso documentario. «Al romanticismo della transumanza e del nomadismo, si sostituisce il realismo crudo dei colori, degli odori, dei rumori, dei gesti e degli orari quotidiani», si legge sull’ultima di copertina che inno in difesa «di un mestiere troppo spesso denigrato».
  • alpinia.net
    L'Imperdibile di novembre 2006

    la recensione sul sito alpinia.net

    Marzia Verona sbanca Alpinia potremmo titolare, infatti due libri recensiti e due belle classificazioni: Vita d’alpeggio Libro del cuore, questo addirittura Imperdibile del mese!
    L’autrice è una ragazza che vive in Valle Sangone a Cumiana, ma che soprattutto ama profondamente la sua terra, le sue genti, le proprie tradizioni e questo lo si capisce in ogni parola dei suoi libri, opere appassionate e appassionanti.
    In Vita d’alpeggio ha visitato e descritto la vita dei Marghè dell’arco alpino piemontese, qui ha studiato e vissuto il pascolo vagante e la transumanza delle stesse zone.
    La sua è un’opera titanica che ha visto Marzia salire e scendere valli e argini fluviali per ben due anni seguendo praticamente tutti i greggi dei pastori vaganti che ancora oggi praticano tale attività tra Piemonte e Francia: primavera, estate, autunno, inverno, dalla piana ai pascoli di montagna, con il sole, la pioggia, la neve, la nebbia, il caldo e il freddo, lei è salita alla ricerca dei protagonisti di questo libro, i pastori e i loro trup di feie, i greggi di pecore.
    Fino ad ora la pastorizia vagante aveva un’opera storica: Fame d’erba di Gianfranco Bini, ora con Dove vai pastore? ne abbiamo il seguito, anche se le foto sono meno ampie di quell’obiettivo storico di Bini ma pur sempre molto belle, dove i testi raccolti sono la parte preponderante del libro.
    Fulvio, Fabrizio, Dario, il mitico Albino e molti altri, sono i pastori che l’autrice ha rincorso per due anni, condividendo stenti e intemperie, ma anche gioie e momenti di allegria, raccontandone le vicende, raccogliendone confidenze e segreti, in un libro di grande formato, dove lo scritto è fitto fitto e le parole sono preponderanti rispetto alle immagini, ma è Marzia stessa che ci ha detto che le vicende a volte ripetitive, sono sempre riportate, per un tacito patto di onestà nei confronti di ogni intervistato: a nessuno è stato fatto il torto di omettere qualcosa.
    Per la prima volta esce un libro che racconta tutta la verità su questo lavoro che sta scomparendo, per tanti motivi: perchè è un lavoro duro, perchè non ci si arricchisce, perchè gli imprevisti sono sempre troppi, perchè sempre di più sono le difficoltà che i protagonisti incontrano, a partire dai pregiudizi della gente che non ha più comprensione per un mestiere ancestrale e di antichissima tradizione.
    La cosa che meraviglia e stupisce non poco è che chi resiste a fare il pastore vagante, lo fa per pura passione, anche rinunciando a mestieri meno pesanti e faticosi, ma il marciare con le proprie pecore, il poter far nascere gli agnelli, il dormire guardando le stelle, sono elementi irrinunciabili, anche se incomprensibili in una società del benessere e dei consumi come la nostra. Sono uomini rudi, ma dal cuore tenero, che amano profondamente il proprio sforzo e che non trovano la forza o la voglia di cambiare, abituati a doversi arrangiare come le bestie selvatiche che combattono per la sopravvivenza del gregge.
    Marzia è riuscita a farsi accettare, perchè si è presentata sincera, senza falsa condiscendenza o spirito di superiorità. Ha lavorato veramente bene e questo libro è come un grandioso affresco sul lavoro dei pastori vaganti nei primi anni 2000. Ha mostrato anche lei di amare la pastorizia vagante, riuscendo a immedesimarsi nei protagonisti, facendosi accettare, diventando in pratica una di loro. Dobbiamo essere grati al suo lavoro appassionato di ricerca e di descrizione, questi suoi due libri ci permettono di conoscere e di apprezzare totalmente chi non ha rinunciato alla propria dignità montanara ed è libero di rinunciare a benessere e comodità, nel nome di un’identità antica e di grande dignità.
    Un vero Imperdibile!


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