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  • L'Adige

    CACCIATORI DI SOGNI SOSPESI
    L’incanto della montagna nelle foto dei «grandi»

    Per chi ne ha conservato la memoria, mantengono sempre un posto un po’ speciale le acque scintillanti del Garda incorniciato dai cipressi, o le tracce di sci che s’intersecano fra le ombre sulle nevi del Bondone. Oppure, quel camminare «sospesi» sulle cenge delle Bocchette, mentre le nubi giocano a nascondino con il Campanil Basso. Come dimenticare quelle grandi fotografie in cornice d’alluminio che fino agli anni ’60 e ’70 si affacciavano dalle pareti degli uffici pubblici? Era il Trentino in bianco e nero dei fratelli Pedrotti - Enrico, Mario, Silvio ed Aldo - quello dei grandi paesaggi aperti in quota o dell’ultimo scorcio di vita pastorale, il ritratto dei talenti della roccia (Cesare Maestri, per fare un nome), ma pure l’ironica lettura della motorizzazione delle montagne, per non dire del canto e della poesia trasposti in lastra con una semplicità che continua a stupirci. L’intervallo fra le due guerre, il secondo dopoguerra, contestualizzano il loro andar per monti domenicale, lasciato l’atelier cittadino, fra l’alpinismo popolare satino e l’eleganza verticale delle salite dei Detassis e degli altri. Ora, a restituirci quelle interpretazioni - immagini celebri e divulgate, altre meno note - è L’in-canto della montagna, il titolo di una superba raccolta fotografica frutto di quelle irripetibili stagioni dei fratelli Pedrotti. Un volume di 120 pagine edito da Priuli&Verlucca con il Club alpino italiano e che, con altre quattro opere, l’Adige offre in edicola. È la collana che gli editori piemontesi - apprezzati da tempo per la ricercata qualità editoriale - hanno dedicato ai fotografi di montagna, e che oltre al libro sulla geniale stirpe trentina dei Pedrotti comprende Il colore del Bianco, con le foto di Renzino Cosson, Dal Cervino all’Himalaya con le immagini extraeuropee di Mario Piacenza, Nel regno dell’altezza per l’alpinismo fotografico di Armando Biancardi e, novità di assoluta freschezza (ma opera che può essere ritenuta fondamentale), la nuova Storia della fotografia di montagna di Giuseppe Garimoldi. Volume, quest’ultimo, che uscirà per la prima volta in edicola domani. Per iniziative della Sat di Trento, della Sat di Rovereto, del «Furore dei libri» e del giornale l’Adige, quest’oggi alla casa della Sat in via Manci 57 a Trento, la collana «I grandi fotografi della montagna» viene presentata alle ore 17.30. Intervengono il curatore Giuseppe Garimoldi (pittore, istruttore di alpinismo e autore di saggi e innumerevoli articoli sulla fotografia di montagna) e l’editore Gherardo Priuli, fondatore dell’azienda editoriale ed esperto di iconografia alpina. Se il nome dei fratelli Pedrotti non ha bisogno di ulteriori presentazioni (fotografi, ma anche inventori del coro della Sat e interpreti aderenti all’identità di questa terra nella sua cultura popolare), va forse rammentato che degli altri autori-artisti Trento ha ospitato in passato le immagini. Come quelle di Armando Biancardi, un alpinista vecchio stampo del bianco e nero, sulle pareti del Bianco come delle Dolomiti, segnalate più volte alle biennali cittadine. Nella prefazione, Roberto Serafin lo descrive come un «cacciatore di sogni», che a un certo punto della vita ripone l’obiettivo per impugnare la penna. Nelle sue foto ricorrono gli istanti di vita di un alpinista dedito alle altezze più seducenti delle Alpi. Coglie le prospettive, registra i momenti delle scalate, talvolta le pause dell’azione. Nel regno dell’altezza, così, è un libro che tiene fede al titolo, una rassegna che pagina dopo pagina schiude territori e ritratti «in alto». Alpinisti, creste, arrampicate, ghiacciai, cieli, guglie, cascate. In Renzino Cosson (Il colore del Bianco), professionismo d’alta quota e fotografia si fondono invece come in pochi casi e le sue sono montagne sempre un po’ sfavillanti, come l’alpinismo della guida valdostana, interpretato con la fedele Hasselblad nell’infinita varietà di tinte che il monte Bianco è capace di mettere in scena fra una luna e l’altra. Ma ci sono anche la realtà dello sci, la carrellata dei clienti fra i seracchi, l’elicottero del soccorso alpino. Testimonianze di professione. Mario Piacenza, infine, che per ordine cronologico andrebbe citato per primo: figlio di un industriale laniero, cresciuto nell’ambiente della borghesia biellese come Vittorio Sella, è esponente di quella generazione «inglese » di alpinisti, geografi ed esploratori del Nord Italia. Nel 1907 sale e scende in prima invernale la Cresta del Leone sul Cervino, nel 1910 parte per il Caucaso sulle orme di Sella, nel 1911 percorre in prima ascensione la cresta di Fürggen sul più nobile scoglio, la piramide del Cervino caduta nel 1865 sotto gli assalti d’un Whymper. Dal Cervino all’- Himalaya ci offre superbe immagini alpine dei primi due decenni del ’900, il Caucaso della spedizione del ’10, l’Himalaya del ’13, con le danze dei Lama e lo spettacolo dei fiumi di ghiaccio. I negativi di Mario Piacenza sono conservati dalla Fondazione Sella, il libro ce li restituisce con la vivida aderenza alla realtà del documento di esplorazione. Altri tempi, altri solidi alpinismi.


  • Bollettino Sat
    Il colore del bianco

  • La buona neve
    Il colore del bianco

  • Lo scarpone
    In edicola i fotografi della montagna

Estratti



 
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