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Raccontare la montagna

Raccontare la montagna

Testo di Italo Zandonella Callegher
didascalie di Giuseppe Garimoldi

Cartonato, formato cm 21,5x28, pp 112, con 83 fotografie a colori e in bianco e nero secondo originale anche a piena e doppia pagina

ISBN 978-88-8068-427-5
Disponibile in libreria

 

Recensioni

  • CDP
    Raccontare la montagna
  • Il Giornale di Vicenza
    Adriano Tomba, così l'obiettivo va all'essenza delle montagne
  • Le Alpi Venete
    Raccontare la montagna
  • Alp
    Appuntamento in libreria
  • Alpi Venete
    Raccontare la montagna

  • Bollettino Sat
    Raccontare la montagna

  • L'Adige
    Tomba, poetica delle nostre Alpi
  • La Stampa
    Complessità dellamontagna nel bianco e nero di Tomba

    «Una scorza d’albero? Una crosta di pane? Una ricotta affumicata? Una polenta che fuma? No! È un temporale che sta arrivando sul ghiacciaio dell’Adamello. Due ghiacciai si incrociano al centro dell’immagine. Sul pendio di destra è incisa una traccia di uomini - quegli esseri strani che si divertono a faticare calpestando le nevi delle altezze - traversa seghettata si innalza sul fondo della scena. Batuffoli di neve la sovrastano. è una foto di Adriano Tomba». Così da «Raccontare la montagna» dove Italo Zandonella Callegher scrive di e su la capacità di presentare la montagna attraverso immagini. Ce ne sono 83, con didascalie di Giuseppe Garimoldi. Otto a colori. Il resto con un bianco e nero che riporta ai primi e grandi artisti della fotografia di montagna. La capacità di raccontare pietre, sassi, cime, anfratti, natura, tempo, ma anche lavoro, volti, case attraverso chiari e scuri, tonalità del bianco e del nero. Capolavori le fotografie di Tomba, che hanno ottenuto numerosi riconoscimenti in festival e concorsi di chi ama, studia, vive la montagna.

Estratti



Adriano Tomba racconta la straordinaria complessità della montagna. Con l’attenzione dell’innamorato svela le tracce delle grandi forme modellate dai millenni.

Correva l’anno 1893 ...

È ciò che mi viene in mente iniziando un certo discorso su (e con) Adriano Tomba, fotografo delle montagne. Quell’anno il grande biellese Vittorio Sella, uno dei maggiori esperti appassionati che abbiano portato l’arte della fotografia in quota, acquista una macchina fotografica Ross & C. per lastre 24x28 e pellicole 20x25, apparecchio che lo seguirà ovunque e per molto tempo. Lo usa dapprima sulle Alpi, poi nel Caucaso nel 1896, al Monte Sant’Elia in Alaska nel 1897, nella «circumnavigazione» del Kangchendzönga nel 1899, al Ruwenzori nel 1906, nel Karakorum nel 1909.
Quella macchina era una «scatola» che si allungava parecchio per via del soffietto in uso a quei tempi, aveva un treppiede telescopico artigianale in ottone, una semplicità d’uso sconcertante. Usata dal Sella con pazienza e devozione diventò un mito.
Così come la Pocket Kodak, antesignana di tutte le macchine tascabili, famosa per il motto: «Voi premete il bottone, al resto pensiamo noi». Era nata, questa «scatolina» a soffietto, dalla fervida fantasia di produttori lungimiranti che volevano agevolare gli esordienti ai quali non mancavano passione e denaro da spendere, ma erano totalmente a digiuno di qualsiasi concetto di arte fotografica. Fu utilissima in alta montagna per il peso irrilevante.
Un mito divenne anche il «macinino» che Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi aveva usato durante la spedizione al Polo Nord nel 1899 e anche in quella del K2 nel 1909: la Kodak Automatic con obiettivo Bausch & Lomb Plastigmat, naturalmente a soffietto e con una pesante cassetta degli chassis a corredo.

Ho preso spunto dall’attrezzatura dei grandi fotografi dell’Ottocento e del primo Novecento per giungere a dire, senza altri passi, che l’opera di Tomba è «una degna sintesi della lezione di Vittorio Sella e di Ansel Adams. Egli sfrutta la spettacolarità della messa in scena fotografica per utilmente evidenziare i caratteri originali, geologici, morfologici e ambientali del sistema montuoso che viene mediato attraverso una serie di fotografie».
Non sono parole di un alpinista che talvolta si diletta nella scrittura, ma di un personaggio che di queste cose se ne intende: il prof. Angelo Schwarz, storico della fotografia e sostenitore della peculiarità della fotografia di montagna.
Altra epoca quella del Sella, altri sistemi, si dirà. Altre attrezzature, anche. Ma medesima la mentalità, identica l’ispirazione nell’affrontare la fotografia.
Quella dell’arte.
Che non ha tempo.
[…]

 
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